Sembra di essere tornati agli anni '50 della periferia italiana, agli anni di Peppone e di Don Camillo di Guareschi; chiaramente i contendenti non sono gli stessi gruppi politici, ma come tutto anche la politica si è estremizzata. Quella era una commedia in cui si amplificavano i gesti infantili della contrapposizione politica, proprio per banalizzarne il contenuto, rendendolo un cult sempreverde.
In questo caso gli antagonisti appaiono il folto gruppo degli antifascisti di cui Barletta è orgogliosamente parte integrante, viste le due medaglie d'oro, una al valor militare e una al valor civile, attribuitele per la resistenza antifascista nel '43, e la piccola minoranza dei fascisti, non palesatasi ultimamente. Anche dire fascisti è un ipotesi, visto che non lasciano la firma un po' vigliaccamente. Tuttavia è bizzarro ciò che accade puntualmente a quel murales nei centralissimi Giardini "G.de Nittis" di viale Giannone su cui campeggia la scritta BARLETTA ANTIFASCISTA, con il volto dei due fratelli Vitrani, cioè due giovani partigiani barlettani che combatterono vicino Torino dove trovarono la morte.
I valori antifascisti non possono essere discussi, poiché l'Italia repubblicana è fondata su questi e ci sono leggi che si esprimono in tal senso. Viceversa il fascismo o l'apologia di esso è un reato. Qui però assistiamo alla cancellazione della storia attraverso l'eliminazione per la seconda volta di una scritta che sottolinea il valore fondante della comunita barlettana e l'onore e il rispetto che si deve portare alla famiglia di quei due cittadini. Perciò non si comprende perché quella scritta non resista senza che una o più mani, approfittando dell'oscurità della notte, intervengano per imbrattarla, dopo che sono stati spesi soldi di associazioni locali per ripristinarla la prima volta. L'affermazione dei valori non dovrebbe passare dal calpestare la memoria e quindi i valori avversi, ma semplicemente nel cercare di fare valere i propri sempre che questi non siano illegali come quelli fascisti.